Marco Spagnoli

I intend to live forever. Or die trying...Groucho Marx

CinemAvvenire su Hollywood Invasion

Le contaminazioni cinematografiche tra Hollywood e Cinecittà. Marco Spagnoli racconta il fenomeno che ha coinvolto le due cittadelle del cinema da una parte all’altra dell’oceano, dagli anni Cinquanta in poi.

di Giorgia Sorrisi

Il cinema non ha confini. Le pellicole proiettate in migliaia di sale ne sono la testimonianza lampante. La stessa cosa si potrebbe dire per i set, o meglio, per i teatri di posa, come testimoniano Hollywood e Cinecittà, protagonisti a partire dagli anni Cinquanta di uno straordinario gemellaggio culturale. Il critico cinematografico e ricercatore Marco Spagnoli lo sa bene, ed è proprio da questi presupposti che è partito per realizzare il documentario Hollywood Invasion – presentato nel corso della 68ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, nella sezione Controcampo Italiano -, sorta di prosecuzione ideale del suo precedente Hollywood sul Tevere. Vanno in scena i reportage e i servizi televisivi originali appartenenti all’archivio della NBC Universal di New York, che testimoniano gli anni d’oro di questo curioso “scambio cinematografico”. Il regista – reduce dalla realizzazione del documentario, di tutt’altro tema, Saviano racconta Scarface -, condensa in sessanta minuti di pellicola una sorta di macro-favola, cui ancora non è stato dato un finale.
C’era una volta il cinema italiano, una scuola che conobbe la propria trasformazione in industria nazionale – laddove, in precedenza, la sua dimensione era quella di una costellazione di aziende a dimensione perlopiù regionale – con la creazione di Cinecittà. Siamo a Roma verso la metà degli anni Trenta, e Mussolini crea l’enorme agglomerato di studioscinematografici sulla Via Tuscolana; un luogo fisico e simbolico che da allora – e anche oggo, a dispetto della sua massiccia riconversione televisiva – sarà il fulcro nevralgico del cinema internazionale. Registi, attori, attrici e produttori sono fermamente convinti che da quel complesso di teatri di posa della capitale nasceranno grandi opere. Numerose pellicole e tanti successi, Cinecittà è molto più di un set: è il simbolo di un’arte che non smette di stupire il proprio pubblico. Se ne rendono conto anche dall’altra parte dell’oceano, dove alcuni produttori e cineasti “illuminati” di Hollywood – incentivati anche dalle agevolazioni fiscali del Piano Marshall – comprendono che anche a Roma esiste una specie di Hollywood che scorre ai piedi del Tevere. Lo dimostrano le testimonianze originali di attori e registi, in particolare questi ultimi, che scelgono Cinecittà per girare alcune delle loro opere più celebri e celebrate del periodo. Tra i primi, il kolossal Ben Hurdi William Wyler, che nei suoi cinque anni di lavorazione ha impiegato i teatri di posa di Roma per diverse scene. Le immagini contenute nel documentaario risalgono agli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, e rappresentano un documento incontrovertibile della liaison privilegiata che si instaurò tra Hollywood e Cinecittà. Parlano Sophia Loren, Brigitte Bardot, Claudia Cardinale, Federico Fellini, che raccontano il cinema checambia se stesso e la società intorno a lui. Il fermento culturale che viene descritto rispecchia anche la contingenza dei temi, così nel documentario si parla anche di ciò che avviene in quegli anni sul piano della vita sociale: la rivoluzione sessuale, i cambiamenti del costume, la politica, i movimenti giovanili, gli anni del riflusso… Così, in Hollywood Invasion, inevitabilmente, si intrecciano Storia e Storia del Cinema.
In merito al proprio lavoro, il regista afferma: “Il documentario è dedicato a tutti i cineoperatori, giornalisti, tecnici, reporter, che nel corso di tre decadi hanno raccontato il cinema con eleganza, un garbo e una lungimiranza decisamente invidiabili, tra difficoltà e sforzi inimmaginabili”. E se in questi trent’anni di sforzi se ne sono compiuti parecchi, tanti altri se ne dovranno fare per dare linfa al cinema che verrà. Il documentario di Spagnoli questa speranza di vivere una nuova era di gloria cinematografica, in cui gli sforzi del passato fungano da ispirazione per il futuro, sembra volerla offrire in primis allo spettatore, “attore” principale e troppo spesso marginalizzato di questo spettacolo. Guardando Hollywood Invasion, non si può fare a meno che riflettere sullo stato in cui oggi riversa Cinecittà, vittima di una contingenza politica ed economica che sembra aver voltato le spalle al cinema italiano. Ecco perché il film di Spagnoli risulta a tratti persino commovente, mentre in altri momenti può apparire frustrante, per come illustra un “come eravamo” forse troppo gravoso per dare luogo a un confronto “virtuoso” con lo stato dell’arte attuale. Il racconto di questa meravigliosa invasione è scandito dalla voce di Maria Pia Di Meo, ed è ascoltandola e osservando quelle immagini di vita vissuta che non si può non pensare a ciò che verrà domani. La speranza è che questa invasione reciproca possa continuare a lungo, perché un mondo senza cinema è un mondo senza favole.